IntroduzioneSin da giovanissimo sono rimasto affascinato dal territorio di Patti, dalla sua singolare conformazione orografica, dalle vallate suggestive e, in particolare, dalla singolare forma dei suoi rilievi e delle sue insenature costiere e dalla vicinanza con le mitiche Isole Eolie. Guardando serenamente gli angoli di questo lembo di Sicilia, il pensiero di chiunque abbia assunto anche poche nozioni di mitologia corre verso eventi e fatti fantastici o straordinari, che possono essere accaduti sulle aspre colline di arenaria a tratti coperte da boschi. Qui diventa facile immaginarsi epiche battaglie ed eventi dei quali gli artefici principali sono i personaggi mitici cantati nei vari poemi antichi. Questa condizione del territorio pattese mi ha avvinto a tal punto da far sorgere in me la convinzione che di questi episodi Patti non solo potesse essere scenografia naturale ma potesse pure offrire motivi per essere trasformata in campo di battaglie di valenza storica. Affascinato da simili ipotesi, da autodidatta, ho iniziato a interessarmi di archeologia. Dopo varie scoperte, tutte regolarmente comunicate alle competenti autorità, ho rivolto la mia attenzione a due località che più di altre mi sono apparse interessanti, sia per la storia, sia soprattutto per la intensa carica emotiva che mi riuscivano a trasmettere: il "Nauloco" e il "Templum Facellinae Dianae".
Questi due centri sono strettamente collegati negli eventi storici e mitologici e dagli studiosi ubicati in territori contigui. La reciprocità degli interessi delle popolazioni che in questi luoghi risiedevano ne hanno indissolubilmente legato le sorti e i motivi di esistenza in tale misura che, sparito l'uno, l'altro non aveva più quasi motivo di continuare ad esistere, quantomeno per perseguire gli stessi fini per i quali era stato fondato. Così il Nauloco e il Diana Facellina scompaiono nella storia e nella mitologia fino a perdersene completamente tracce e memoria. Gli storici accennano alla battaglia conclusiva fra Pompeo e Ottaviano sul Nauloco, indicando il posto genericamente come "località sulla costa nord-orientale della Sicilia" e accennano al centro di Diana Facellina come località ad esso collegata. Il fascino del territorio Pattese e la mia curiosità mi hanno spinto ad intraprendere studi e ricerche finalizzate all'individuazione dei siti, nei quali avessero potuto trovare ubicazione i due centri. Ovviamente, era propedeutico prima completare in maniera organica il quadro storico ed archeologico del territorio, partendo dai giacimenti già scoperti e dalle conoscenze sugli avvenimenti e avvicendamenti delle popolazioni già accertate dalla storia. Completati i profili storico ed archeologico con le ultime scoperte da me fatte e non ancora comparse nella storia ufficiale ma delle quali parlerò nei vari capitoli, ho azzardato delle ipotesi, iniziando dallo studio dei luoghi. Quindi, sono passato all'indagine geologica, poi alla ricerca dei riscontri sui luoghi e, infine, al conforto della etimologia dei toponimi.
Appena tutti gli elementi hanno trovato giusta collocazione e tutti i tasselli il proprio posto, ho rivisitato l'insieme del territorio scoprendo, con grande soddisfazione che quello che sembrava un variegato e scomposto scenario storico-archeologico aveva assunto una conformazione così armoniosa e apparentemente logica, da far fondere la storia con la mitologia e l'archeologia con l'ovvietà dei suoi stessi ritrovamenti in quei siti. Rintracciato il percorso della strada Consolare Valeria secondo un'obiettiva funzionalità rispetto ai centri allora esistenti (cap. I), ho studiato la ubicazione dei nuclei abitati, anche attraverso l'individuazione delle sei necropoli e con la evidente intuizione che ad ogni necropoli corrispondesse un nucleo abitato e viceversa (cap. II). Il terzo capitolo si occupa di Tindari, giacché questa città, oltre ad essere punto di partenza per la ricostruzione antica del territorio, è anche collegata ad eventi mitologici che ci conducono al tempio di Diana Facellina con la leggenda di Oreste, e al Nauloco per la battaglia fra Ottaviano e Pompeo.
Il Nauloco (cap. IV) e il Diana Facellina (cap. V) sono gli elementi portanti e la giustificazione stessa di questo lavoro, che ho poi ampliato, per completezza di visione del mondo antico Pattese, con un innovativa tesi sulla fondazione di Patti centro, che, a mio giudizio, è parte fondamentale e attiva del suo stesso territorio per le vicende alle quali ha dato il suo contributo. "Policne Epacten", infatti, rappresentava quel centro vitale che offrendo servigi a tutti era da tutti preservata. Si è rigenerata su se stessa arrivando ai nostri giorni senza scomparire, al contrario dei centri che hanno subito le conseguenze negative di vicende belliche o di altri eventi di diversa eziologia.
Lo scopo di questo lavoro è soprattutto quello di stimolare interessi storici e archeologici nuovi, in grado di risvegliare fra gli studiosi l'amore per un nuovo modo di concepire la storia, che va sì confortata con i testi ufficiali, ma in certi casi confrontata con le testimonianze e con i reperti che sono elementi vivi di un passato che non possiamo limitarci a tramandare solo per trascrizione.Inoltre, presentando in questo volume i risultati delle mie ricerche, mi auguro di poter offrire un modesto contributo per ricostruire la storia antica del territorio pattese in tutta la sua interezza e nell'importanza che può assumere in rapporto con la storia più in generale. Senza alcuna velleitaria convinzione di aver risolto atavici problemi su vicende vere ma ancora prive di certa allocazione, rimando l'approfondimento delle tematiche e delle tesi sviluppate in questo testo a chi ha più titoli per completare il lavoro di ricerca e di raccordo con le fonti ufficiali.
Un grazie di cuore a quanti mi hanno collaborato, incoraggiato ed espresso apprezzamento.
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